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Le saghe storiche dei giochi di combattimento, quelle che nei gloriosi anni delle sale arcade si contendevano il dominio del settore a colpi di gettoni divorati e di sfide multiplayer da antologia, sono quasi tutte tornate sul mercato. Dopo Street Fighter e The King of Fighters (che porta con sé l'eredità di molte altre serie SNK, come Fatal Fury e Art of Fighting), è finalmente arrivato il turno di Samurai Shodown. Il leggendario gioco di scontri 2D all'arma bianca si è sempre distinto dai diretti concorrenti, basando i propri duelli sulla pazienza, sulla corretta gestione delle distanze e sulla punizione violenta di ogni errore, anche del più piccolo.Samurai Shodown non era un titolo basato su combo chilometriche e incarnava la tensione suprema dei duelli tra spadaccini provetti, dove anche un solo colpo poteva essere fatale. Ovviamente non bastava un singolo attacco per aggiudicarsi la vittoria, ma il fendente potente, soprattutto se portato in modalità Rage, faceva piangere lacrime di sangue a chi lo subiva senza parare. Il nuovo capitolo della serie giunge nei negozi senza essere affiancato da alcun numero. L'uso del titolo originale, senza fronzoli, trasmette il desiderio di SNK di trovare un nuovo punto di partenza per la serie, tornando alle origini e recuperando lo spirito che aveva conquistato i giocatori negli anni '90.
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L'assenza di combo troppo lunghe e complesse non è necessariamente un male. Anche se i giocatori di picchiaduro moderni sono cresciuti a pane e colpi combinati, non è troppo tardi per recuperare la scuola del colpo singolo, quella in cui il processo per superare la guardia avversaria è molto più complesso degli attacchi da mettere a segno.
Tutti i combattenti possono eseguire rapidi scatti all'indietro o correre in avanti: la corsa è utile per accorciare le distanze in un lampo, permette di eseguire quattro attacchi specifici (uno per ogni tasto) e può essere interrotta in qualsiasi momento, nel tentativo di mandare a vuoto eventuali fendenti dell'avversario. Alcuni combattenti del roster, poi, possono contare sul doppio salto o sul balzo al muro. La complessità di Samurai Shodown, tuttavia, emerge quando ci si trova finalmente a distanza ravvicinata ed occorre difendersi dagli assalti del contendente. Oltre alla classica guardia (alta e bassa), è possibile usare la parata perfetta, erede delle parry di Street Fighter III o della meccanica Just Defense di Garou Mark of the Wolves. Parando un colpo esattamente nell'istante in cui va a segno, si annullano eventuali danni in parata (il chip damage), si riduce la finestra per il recupero, si riempie parte della barra della Rabbia e, con la successiva pressione dello slash medio e potente, si esegue un colpo che allontana l'avversario. Con una semplice, ma rischiosa operazione, si possono ottenere molti vantaggi. Premendo contemporaneamente lo slash leggero e quello medio si esegue la schivata, che rende invulnerabili per un breve lasso di tempo, permettendo di evitare proiettili, fendenti e perfino le prese.
L'impatto visivo è soddisfacente, ma non basta a coprire le imperfezioni nella modellazione poligonale, nella gestione della muscolatura dei combattenti e in alcune animazioni. I difetti saltano all'occhio anche grazie ai ritmi meno serrati degli incontri, che permettono di soffermarsi su dettagli che in altri prodotti passerebbero inosservati. Tutto questo è bilanciato da un'ottima direzione artistica, dalla quale sono nate le splendide arene che rendono giustizia ai capolavori in pixel art dei capitoli precedenti. È eccellente anche il peso degli attacchi: SNK ha mantenuto inalterata la caratteristica tipica della serie, che vede un uso esagerato dell'hit stop, il quale interrompe l'animazione di un colpo quando questo centra il bersaglio, generando l'illusione dell'impatto contro qualcosa di solido.